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Momenti - Francesco Sigillò

 

Recensione di Lino Fazio pubblicata su Calabria Sconosciuta (rivista trimestrale di cultura e turismo) nel numero114 anno XXX (aprile - giugno 2007)


Amicizia e affinità di sentimenti, schiettezza, disinteresse e reciproca stima. Ho incontrato un nuovo amico che, pur non conoscendomi di persona, ha saputo parlare al mio cuore mettendomi a nudo i suoi sentimenti più intimi. Francesco Sigillò, il suo nome. Occasione di tale incontro, un libro, Momenti, una silloge poetica. E' proprio vero: "galeotto fu il libro e chi lo scrisse".

In un'azione catartica, Francesco Sigillò affida al foglio "ricordi sentimenti mai persi/spesso immagini dell'ultimo minuto" che si sono depositati nell'archivio della memoria. Momenti della vita di un uomo, che il cuore classifica, definisce con parole, oggettiva sul bianco di un foglio, nel tentativo di sottrarli alla furia divoratrice dell'oblio o alla forza distruttrice del tempo. Momenti, dunque, che diventano traccia, segno, testimonianza del " cammino a schiena grava" lungo il sentiero accidentato della vita, tra salite e discese, tra inciampi, cadute e testarde riprese.  momenti che svelano l'altalenare del cuore tra il "ricordo degli anni sicuri/ormai passati e già lontani" e il corazzarsi contro il duro presente " che(...) aspetta audace col suo elmo". Eterna e universale lotta dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo per soccombere dinanzi alle avversità, per difendere e affermare la propria identità nel difficile mestiere del vivere.

Strappato adolescente al mondo degli affetti familiari e alla terra dei suoi natali, la Calabria; costretto a porre la tenda nell'area metropolitana romana, con gli occhi ancora pieni dell'eden suo perduto; il natio borgo, le partite di pallone per strada, le corse per i boschi tra canti di uccelli e fruscii di foglie; "inerte...inerte... abulico" si sente Francesco Sigillò di fronte alle monumentali testimonianze che gli "rimembrano di Roma/alti valori". paure, timori, scoramento si ergono come un muro alto, insormontabile, alienante ogni tentativo di entrare in sintonia non solo con gli altri compagni di sventura ma con la propria stessa vita. Nella piena dello sconforto persino l'ultima dimora, la tomba, sente a lui negata. Non per questo cede o si arrende, non scende a compromessi, non accetta scappatoie come quella di prendere "... una dose/per poter vivere/questa vita dura...". Uomo di pena in attesa della sua alba, "con gli occhi aperti" a scrutare il senso della vita, prende la penna per dar corpo ai ricordi e trasformare la sofferenza in forza: " ti prego penna scrivi/... parliamo un po' di me/cerchiamo sopra un foglio/ la forza per capire". Strumento passivo di registrazione di pensieri e parole, la penna diventa nelle mani di Francesco Sigillò occasione di ribellione e, nel contempo di riscatto. Ribellione contro la vita e l'istituzione scolastica che nel momento più delicato della sua crescita, la preadolescenza, esprime un verdetto di bocciatura e favorisce, da parte della famiglia, la drastica decisione di porlo a dimora in Roma, presso zii materni. Il distacco, la solitudine, e la sofferenza di questi anni forgiano il carattere del ragazzo che si fa uomo. Alla scuola viene strappato il diploma in ragioneria ma non è questo titolo legale che lo aiuta a realizzare come persona bensì l'incontro con un'amica vera, sincera, sempre soccorrevole, la poesia, il cui incontro è così ricordato: "Dopo tante amare lacrime/ ecco il primo mio, vero sorriso/ Sei tu che me l'hai dato/ mia cara amica/ si, sei tu, poesia che/ anche se gli occhi piangono/ hai fatto per il tuo amore/ sorridere il cuore".

E' questo rapporto che lo spinge a raccontarsi, a ripercorrere i momenti della vita per cicatrizzare ferite ancora aperte. Si leva così la voce di un uomo che, col trascorrere degli anni, s'interroga, si cerca, si chiede dove va. e, quando avverte la sua voce è "soltanto un grido/ in mezzo al mare/ col cielo grigio", non si lascia andare alla deriva come altri naufraghi. Allacciatasi la cintura di salvataggio che la poesia gli offre, lotta con i marosi della vita in cerca di una sponda ove attendere una nuova alba. E, tra immagini e ricordi personali che affollano alla mente, ecco presentarsi anche il pensiero di Dio "non so chi E'/ ma so che c'E'/non so dov'E'/ ma è tra noi". prova ad evocare l'immagine del dio fattosi uomo, comprende che "Lui prigioniero tra de chiodi al corpo/ col capo chino solo per dolore/ ci insegna tutti i canti per amare/ e grandi ali dona per andare", ma, non riuscendo a volare alto, legato com'è ai tristi pensieri che gli fanno compagnia, chiede "perdono se per me è ancora balordo/ il mondo che m'inchioda senza ferro". Eppure proprio, in questo interrogativo religioso, la poesia gli fa scorgere un barlume di luce: "non so, non so che dirmi/ non so capirmi,/ non ho parole/ e, muto e chino/ come un vecchio contadino/ corro in fretta la mia strada/ per arrivare a Te". e se " un pensiero antico che fa male" continua a far da sottofondo a questi momenti, pure la ricerca di Dio e l'assiduo confronto con la poesia aiutano a trovare la giusta dimensione entro cui riquadrare il dolore. si apre così qualche spiraglio per l'armonia del creato, per "il riso dei colori sempre vivi". E, tra le rievocazioni nostalgiche della memoria che culla il sogno di un'età felice ormai passata, pian paino si levano voci di speranza per il futuro, in un insopprimibile attaccamento alla vita, in una volontà, mai doma, di ricominciare daccapo.

Questa è l'ossatura tematica dei "momenti" di Francesco Sigillò che, rifuggendo da ogni concetto ornatus, analizza il suo rapporto con la vita in componimenti disadorni, poco rispettosi degli schemi metrici tradizionali ma capaci di far vibrare le corde dell'anima. Umile, essenziale, quasi banale il linguaggio che si articola in versi ora brevi, il trisillabo o ternario, ora in versi variamente modulati a seconda delle palpitazioni del cuore. E, se in qualche caso la facoltà raziocinante sembra prevalere sulla intuizione lirica, non si può disconoscere che questo discorso poetico riesce a concretare situazioni psicologiche che il lettore sente proprie o a lui vicine. M, questa, non è una qualità della poesia? Tutto, dunque, induce a credere che Francesco Sigillò, entrando sempre più in dimestichezza con essa, da semplice neofita saprà confermarsi sensibile interprete di tale arte espressiva.

Lino Fazio

 

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