Scultore autodidatta opera su legno e su
granito
Giuseppe Corica,
Impeccabile modellatore di forme
di Umberto Di Stilo
E' risaputo: per essere artisti veri e completi
non è necessario frequentare scuole ed accademie. L'arte quando è
sentita, quando è frutto dell'animo ed impulso del sentimento,
prim'ancora che della creatività e del gusto dell'uomo, sgorga
improvvisa e si concretizza in opere che, affascinano per la loro
semplicità e, quasi sempre, anche per la loro forza evocativa.
Questa considerazione mi è balenata spontanea, improvvisa e sincera,
guardando, anzi ammirando, le opere di Giuseppe Corica, uno scultore
che ha scoperto la sua vocazione artistica per caso e, come spesso
accade, in età adulta.
"Da sempre ero affascinato dalla plasticità
delle forme; mi sentivo attratto dalla scultura e dalla pittura...
Avrei voluto modellare, creare, ma non ho mai avuto la forza di
provare, di iniziare. Tutto preso com'ero dal mio lavoro di
artigiano pensavo solo alla famiglia... L'arte, perche non sapevo
che ciò che sentivo dentro era una spinta artistica, un'esigenza
creativa... - l'arte, dicevo, è arrivata più tardi ... Adesso è una
necessità, un bisogno al quale non saprei e non potrei più
rinunciare... " - mi dichiara lo stesso scultore, mostrandosi
sorpreso che un operatore della carta stampata si stia interessando
alle sue opere.
Corica, comunque, sta prendendo sempre più
consapevolezza della validità della sua arte. sa che le sue sculture
piacciono, affascinano, perché se ne rende conto attraverso i
giudizi favorevoli che riscuotono ogniqualvolta decide di esporle
nelle piazze in occasione di fiere o feste paesane. Piacciono perché
parlano il muto linguaggio delle vere opere d'arte. In particolare
attraggono le sculture in legno (che son tante) ed affascinano
quelle in pietra, giacchè anche il granito, -il duro granito che lo
scultore si procura personalmente nel greto dei nostri fiumi- sotto
i dosati colpi del suo scalpello si vivifica e da quelle fredde
figure si sprigiona un calore ed una vitalità che, a dispetto della
materia, rendono palpitanti e vere le varie opere.
Giuseppe Corica, da artigiano, come tantissimi
altri sfortunati compaesani e corregionale, ha percorso il cammino
della speranza e, da emigrante, in un comune della cintura torinese
è riuscito a trovare quel lavoro che pur garantendogli una vita
decorosa non gli ha mai fatto dimenticare la Calabria e la natìa
casa di Maropati da dove il suo sguardo ha sempre spaziato su
panorami di sogno e, in concreto, dalla sottostante valle
caratterizzata del verde scuro trapunto dal giallo delle arance fin
sulle colline ove al verde argenteo degli ulivi, a tratti, ancora
oggi, si alterna il rosseggiar dei pampini.
Su quelle colline, da ragazzo, lo scultore andava
a raggiungere il padre impegnato nell'umile lavoro di pastore. E
sono proprio le colline di Pescano che, come per incanto, tornano in
mente a Corica quando comincia a dar sfogo all'arte e, sotto la
spinta creativa, prendono forma le sue prime opere. All'ombra di uno
di quei secolari alberi di olivo ha scolpito l'anziano padre che,
appoggiato al nodoso bastone, vigila su poche pecore al pascolo.
Queste prime opere -bassorilievi ispirati
alla vita agreste ed alla pastorizia- quasi tutte legate al mondo
familiare ed affettivo dell'artista, costituiscono il cordone
ombelicale che legano l'uomo-Corica ad una realtà che, sopita dal
tempo, è riesplosa improvvisamente sotto il potente impulso creativo
dell'arte.
L'attenta osservazione delle opere che "popolano"
lo studio dell'artista consente di seguire la sua evoluzione
stilistica e, nel contempo, di valutare la gran mole di lavoro che
ha prodotto in quattro anni di intensa, quasi febbrile, attività. Ha
iniziato nell'autunno del 1993 e da allora lo scalpello non ha più
riposato un solo pomeriggio. Giuseppe Corica, infatti, ama creare
dopo aver concluso la sua giornata lavorativa perché "prima
ancora delle esigenze artistiche ci sono gli obblighi connessi alla
condizione di padre di famiglia". Nell'autunno di quattro anni
addietro, su una spiaggia della costa jonica, per caso, si è
imbattuto in una grossa pietra tufacea. L'ha raccolta, quasi per
assecondare ad un interiore imperativo categorico, e, tra lo stupore
dei suoi familiari, l'ha portata a casa. Qui, dopo averla osservata
attentamente e studiata nella sua forma, nelle sere successive,
quasi per gioco, ha incominciato a sbozzarla.
Il lavoro è stato lungo e paziente ma Corica non
ha mai avuto un attimo di esitazione perché, istintivamente, da quel
blocco informe aveva deciso di ricavare un autoritratto. Progetto
ambizioso, questo, specie per chi (come lui) non si era mai
cimentato nell'arte della scultura. Nonostante tutto, però, i
risultati sono stati soddisfacenti fino al punto di decidere di
continuare. dopo quella prima scultura, infatti, il demone
dell'arte, verso quella creatività per la quale si è sempre sentito
attratto. Sin da quella positiva esperienza sente che pur non avendo
alcuna ambizione artistica deve riprovare perché la scultura lo
gratifica spiritualmente. Sicché dalla pietra passa al legno e, dopo
una serie di bassorilievi ispirati a temi agresti e di caccia, torna
alla figura umana. si cimenta con i ritratti dei genitori e la
materia, sotto i suoi dosati colpi di scalpello, restituisce le
sembianze di una coppia di anziani. E' il sentimento che prende
forma. Le due sculture sono somiglianti ai soggetti che le hanno
ispirate. Per questo, ancora oggi, davanti a quei busti gli occhi
dell'artista diventano lucidi e, quasi parlando a se stesso: "
Io li vedo... li vedo vivi, i miei genitori", si limita a dire.
E, sentendolo, colpisce la sua sincerità quasi infantile.
L'ho sorpreso mentre, nel suo studio-laboratorio
allestito nell'ampio garage annesso all'abitazione che ha realizzato
lungo la statale che collega Cinquefrondi a Polistena, con colpi
precisi e sicuri cerca di dare le giuste forme ad un mendicante. Dal
grosso tronco di legno su cui sta lavorando si cominciano ad
intravedere i lineamenti del vecchio. Corica sa ciò che vuole. per
questo mi ha indicato quello che diventerà un ombrello penzolante al
braccio del vecchio mendico, la posizione della mano, l'espressione
del volto. "Il mio sarà un mendicante dal volto sereno, quasi
sorridente, perché mi piace pensare ad un uomo che pur nel suo stato
miserevole è riuscito a trovare la serenità e la forza di
sorridere... di sorridere alla vita...".
Ogni artista ha una propria filosofia, un proprio
modo di vedere le cose. Non poteva differire Corica, che -a mio
giudizio- è artista a tutto tondo. Egli, infatti, sostiene che lo
scultore intanto crea in quanto riesce a trarre dalla materia e,
mediante un processo maieutico, tirarle fuori, metterle in evidenza,
eliminando con dosati colpi di scalpello tutto ciò che è superfluo.
Così facendo Corica da una contorta radice "tira
fuori" il volto delicato di una donna, da un tronco di olivo il
volto corrucciato di Cristo mentre da una grossa pietra di fiume
riesce a ricavare le rotondità di una giovane donna intenta a
pettinare i suoi lunghi capelli.
Al di là della sua più o meno condivisibile teoria
è certo che le opere di Corica, (è indifferente che la "materia"
usata sia legno o pietra) sono originate da un profondo e vigoroso
istinto plastico mediante il quale l'artista riesce a creare lavori
di alta suggestione che, per la loro bellezza, parlano il linguaggio
dell'arte classica e comunicano direttamente al cuore. Per
convincersene basta ammirare i suoi lavori. Da "Maria"
(granito) al sorridente "Negretto" (radice di erica), dal
"Vecchio con beretto" (legno d'olivo) alla
"Contorsionista" (granito: ricavata da un'intera macina di
mulino), dall'altorilievo "Vecchio seduto" all'"Aquila
reale" (in un unico immenso blocco d'olivo), tanto per citarne
alcuni. C'è, poi, "L'infreddolita", opera lignea in cui lo
scultore palesa un non comune temperamento artistico ed a cui riesce
a dare movimento ed armonia grazie alla sua mano ferma ed al colpo
che è sempre sicuro grazie a quel dono naturale che per anni è stato
latente nell'animo e mediante il quale, adesso, riesce a ricavare
pregevoli opere dal grezzo del legno o della pietra, fondendo in
esse sia una giusta dose di spiritualità che la realtà naturale.
Giuseppe Corica, per il quale è facile prevedere
un futuro ricco di lusinghiere affermazioni artistiche, ha la Grecia
nel sangue. Per questo la sua scultura è istintivamente classica e i
suoi volti, i suoi corpi dimostrano come egli sia un impeccabile
modellatore delle forme e come, con un linguaggio delicatamente
spirituale, riesca a dare ai suoi soggetti quella giusta carica di
dolcezza che, frammista ad in velo di melanconico abbandono,
affascinano e fanno respirare l'aria della grande arte.
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