Sono
tanti i fedeli di Maropati e Tritanti che ogni anno nel mese di
agosto si recano in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Polsi.
In
questa pagina, si vuole ricordare questo avvenimento con alcune foto del 1967 e
con la descrizione della partenza della carovana così come lo fa Fortunato
Seminara nel romanzo "LE BARACCHE".
Da "Le Baracche" di Fortunato Seminara
"... Partirono un pomeriggio della fine
d'agosto. All'ora convenuta, dei razzi tirati in aria diedero il segnale della
partenza; e i pellegrini si radunavano sulla strada maestra. C'erano i giovani
coi vestiti di festa, alcuni armati di fucile, altri con chitarre e mandolini, i
quali portavano nella comitiva una nota più schietta di vivacità e d'allegria;
di solito erano sempre numerosi nei pellegrinaggi, perché era l'unica
occasione, oltre le processioni, in cui gli uomini si ritrovavano insieme con le
donne, e una delle rare occasioni per potersi divertire. Alcuni avevano un'aria
fiera e raggiante, come se partissero per un'impresa rischiosa, di dove
tornerebbero portando le spoglie dei vinti per offrirle alle belle lasciate nel
villaggio... C'erano i vecchi che forse andavano per l'ultima volta a sciogliere
l'ultimo voto; persone vigorose, o sofferenti sul dorso degli asini. Avevano
tutti il viso illuminato da una letizia insolita; un sentimento comune, che in
alcuni si manifestava in forme chiassose, in altri rimaneva chiuso in un
contegno severo, li univa tutti in quel momento; quella piccola folla aveva
l'aspetto di tutte le moltitudini che, lasciati i pensieri d'ogni giorno,
dimenticati l'odio e l'amore, liberatesi da tutto ciò che incatena alla vita,
si lasciano possedere da una sola idea e sono in uno stato di esaltazione che le
rende capaci di prorompere in eccessi di ogni sorta. Tutta la gente delle
baracche e anche molti del paese alto erano accorsi per vedere i parenti. ...
Prima che la comitiva si muovesse, furono esplosi alcuni petardi fra grida di
gioia; poi tutti s'avviarono cantando. Vicino Anoia Superiore incontrarono una
comitiva di Giffonesi; fra le due comitive si scambiarono saluti e voci, e i
conoscenti si strinsero cordialmente la mano. A Cinquefrondi c'erano i Galatresi:
polverosi, sudati, avevano fatto una breve sosta; d'un tratto furono tutti in
piedi e si misero in cammino. Il sole ancora alto batteva sulla strada bianca e
polverosa; ai lati della strada gli uliveti si stendevano a perdita d'occhio,
immobili nella caldura; e le cicale cantavano, cantavano con una specie di
frenesia. I pellegrini camminavano nel riverbero accecante, tra la polvere,
incuranti della fatica; e cantavano. Quando le donne cessavano di cantare,
incominciavano gli uomini, intonando canzoni vivaci e gioconde e accompagnandosi
con le chitarre e i mandolini; qualcuno faceva anche gli sgambetti nella
polvere. I canti delle donne erano lenti e monotoni, simile a nenie: erano per
lo più canti in lode della Madonna. A tratti, i canti languivano nelle gole
secche, s'interrompevano; allora per qualche momento non si udiva altro che il
calpestio delle cavalcature, il rumore dei passi, lo sbattere delle gonnelle e
qualche richiamo gittato da un capo all'altro della comitiva. Poi cominciavano i
discorsi: quelli ch'erano già stati altre colte al Santuario raccontavano
meraviglie della Madonna; e tutti li ascoltavano con un rispetto quasi
religioso. Altri raccontavano casi straordinari, vicende torbide, in cui si
trovavano mescolate la superstizione, l'ignoranza e la crudeltà, fermenti delle
nature primitive. ...
Alcuni andavano al Santuario a sciogliere un voto
fatto durante una grave malattia, o in altro frangente doloroso ... portavano
tutti nel cuore un voto per sé o per una persona lontana, una speranza, un
desiderio ardente di vedere ascoltati i propri lamenti e esaudite le
proprie preghiere. Si sentivano tutti uguali: buoni e cattivi, peccatori e
innocenti ..."
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